dietro le quinte, per la prima volta

C'erano i chilometri, quelle strade lunghe di campagna che da qui a Jolanda di Savoia, e poi da Copparo a Ferrara sembravano non finire mai. C'erano le chiacchiere in macchina, roba da donne: ripassiamo canzoni e poesie, ci regaliamo confidenze, accendiamo chiacchiere come lumini per tenerci sveglie. C'erano l'ansia, e la stanchezza.

Poi è arrivata domenica 14 giugno. Via in macchina, ancora una volta, noi tre: Paola, Federica ed io. Ripassiamo le canzoni, ridiamo un po'. Il sole è a picco, la gente è già in spiaggia, la strada vola e arriviamo al Teatro Nucleo.

Facciamo le pulizie, tutti insieme. Prove generali, tensione. Mancano un paio d'ore, e allora si va al parco di fronte, seduti tutti appiccicati per farsi coraggio, all'ombra degli alberi, col Po lì vicino che ascolta le nostre risate e le nostre piccole paure - oddio dimenticherò le battute, sbaglierò la coreografia, inciamperò nel vestito.
Ecco, manca un'ora: pronti, via, tutti dentro. Dietro le quinte, gli infiniti abbracci, gli incoraggiamenti reciproci, gli sguardi sinceri. Entrano gli spettatori, tanti davvero, mentre ciascuno di noi scruta le facce ed esulta piano quando scopre un volto familiare. Anche io sbircio tra i pannelli scuri.
Vedo tanti amici ed amiche, tutti i MagnaCharta, i compagni e le compagne del teatro. Sono venuti persino mio padre e mia madre.


E, in quel preciso momento, finalmente, ci arrivo. Capisco che l'unico motivo per cui siamo lì è fare un regalo grande a chi ci guarda. Certo, ce l'aveva detto più volte Natasha, ma, come dire, avevo afferrato le sue parole sul senso del dono soltanto con la testa, non con il cuore. Beh, meglio tardi che mai, no?

Gioia immensa. Poi via, in scena. Adrenalina a mille, non c'è tempo per nessun pensiero. È come se il corpo non ti appartenesse più, il cuore batte all'impazzata ma la mente è completamente sgombra, l'anima ricettiva come non mai. Ed ecco un'altra splendida sorpresa: siamo riusciti ad ascoltarci per davvero, noi aspiranti "danz'attori", come non era mai accaduto prima; ho percepito la forza nostra, del nostro gruppo.

Quante cose ho imparato grazie a questo lavoro su Juana Inès de la Cruz... Ma ancor più, quante cose ho sentito. Con gli occhi e non solo.

Óyeme con los ojos,
Ya que están tan distantes los oídos,
Y de ausentes enojos
En ecos de mi pluma mis gemidos;
Y ya que a ti no llega mi voz ruda,
Óyeme sordo, pues me quejo muda.

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