elicriso delle mie brame


                in spiaggia a Boccasette
                           foto Norda Brilo
Adoro perdermi nel giardino botanico di Porto Caleri. Pineta, dune grigie, dune bianche, e infine mare.
Leggo i cartellini descrittivi delle piante, non si sa mai che riesca a imparare qualche rudimento di botanica, per dare un nome ai fiori che tocco e agli odori che sento.
La pineta di Rosolina Mare profuma di resine, di salsedine e, in certe zone, anche di liquirizia.

È l’elicriso, pianta benefica dal nome particolarmente evocativo, magico.
Chissà se un tempo era usato anche dalle “sciamane” nostrane, quelle donne un po’ erboriste e un po’ streghe che facevano da ponte tra il reale e lo spirituale, al confine tra i mondi.


Forse questi pensieri mi vengono perché mi son lasciata troppo suggestionare dalle fòle e dalle cànte della professoressa Chiara Crepaldi, eccezionale antropologa e folclorista che, nelle sue conferenze, è capace di incantare platee d’ogni età con racconti di sortilegi ed esorcismi che vengono da tempi lontanissimi, chissà come sopravvissuti in queste terre di fiumi e mare.

O forse è per quello che mi è capitato lo scorso fine settimana.
Domenica sono stata in spiaggia a Boccasette, io e Paola abbiamo camminato fino alla foce del Po di Maistra.
Quando ritorniamo alla macchina il tramonto è ormai prossimo. Frugo nelle tasche, ma le dita sentono solo le stelle marine che ho raccolto.
Non è possibile, penso, e invece sì, che rabbia. Ho perso le chiavi dell’auto.


Le stelle marine mi portano fortuna, meno male: in borsa ne scovo incredibilmente una copia. Almeno riusciamo a rincasare - e non è poco.
Tanto per Pasquetta prevedono bello, tornerò a cercarle domani, mi dico.

Invece piove tutta la notte, piove ancora per tutto il mattino. 
Si quieta appena il cielo dopo pranzo, se c’è una qualche possibilità di ritrovar le mie chiavi prima che se le ingoino le maree devo andare a Boccasette adesso, subito.
Lascio la macchina nel parcheggio, insieme ai camper dei pochi vacanzieri, e mi avvio a piedi per la spiaggia, sotto nuvole nere gonfie di vento e temporale.
Cammino spedita a testa bassa, dopo quasi un’ora mi fermo a riprendere fiato, alzo gli occhi, finalmente intravedo la foce del fiume, le mie chiavi sono là, me lo sento.


Però c’è un uomo, sui massi, vicino l’argine.
Fantastico.
Non c’è anima viva per chilometri, solo vento forte, mare mosso, io e questo tizio.
Ammonimenti materni circa lo star lontano dal mare col temporale si mischiano nella mia testa a dettagli truculenti della recente cronaca nera.

Il cellulare non ha campo, ti pareva. Che faccio?
Vado avanti, e intanto recito tutte le preghiere che ricordo, una di seguito l’altra come un mantra.
Io e tizio ci incrociamo, due fantasmi. Ognuno si fa i fatti propri, uff, è andata.

Aha! Eccole, le mie chiavi! Semisepolte dalla sabbia, ma intatte!
Poco distante, una piccola stella marina.

Raccolgo entrambe come una benedizione. Metterò a seccare la piccola stella sul terrazzo, poi la terrò sul cruscotto della mia vecchia Opel Corsa.
E che non mi si venga a dire che la magia non esiste.

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