domenica a Istanbul

Sufi by Norda Brilo
Sufi, a photo by Norda Brilo on Flickr.

È la seconda domenica d’agosto, in Turchia è Ramazan e a Istanbul piove a dirotto.
Pensavo sarei morta di caldo, e invece mi stringo nella tshirt bagnata, al riparo sotto un ombrello malconcio che mi ha regalato il benevolo proprietario del Dai, dopo avermi rifocillato di mezzeh.

Ma perché ho sempre fame, qui a Istanbul? Saranno le vetrine di dolci colorati a risvegliarmi la golosità, oppure sarà la decina di chilometri che macino ogni giorno, questa città è tutta un saliscendi, tutta collina, par Trieste...

Lascio la Torre di Galata alle mie spalle e risalgo Galip Dede Caddesi verso il caos di Istiklal Caddesi.
Una cancellata, un parco: ecco, sono arrivata.


Entro nella Galata Mevlevihanesi - qui i sufi della confraternita Mevlevi, fondata dal mio amato poeta Rumi, permettono a noi turisti di d’assistere al loro rito.
Siedo in prima fila, sola. Attendo, finché la sala si riempie.
I dervisci entrano, a passo cadenzato, ogni gesto studiato, si sistemano in piedi proprio davanti a me, così vicini che potrei toccarli. Giovani, meno giovani, tesi, impassibili, uno è particolarmente nervoso.


S’invoca l’Immenso; suona il ney, il respiro del suonatore si fa musica attraverso il flauto.
I dervisci s'alzano, abbandonano i mantelli neri, si prostrano al maestro e uno alla volta iniziano a ruotare su se stessi – una mano verso l'alto a ricevere, l'altra verso il basso per donare.
Una preghiera che si fa corpo e canto, musica e danza.
E li vedo, li sento perdersi nella musica, nella danza. Gli abiti bianchi diventano ali, lo spirito s’innalza– ma è solo un attimo. Poi dervisci ritornano ad esser uomini accaldati, appesantiti dall’alto cappello di feltro -e ritornano sulla terra.


Non sono arrivata qui per caso, penso.
Qualche mese fa ho sognato d'essere tra i dervisci, sotto una torre antica.
Il giorno dopo, ho vinto un volo aereo.
Per Istanbul, ovviamente. Una coincidenza? Forse.
Molte coincidenze, però, creano un destino.

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